La Cina non si può considerare economia di mercato

Strasburgo ha votato contro la dicitura di economia di mercato da applicare alla Cina.
Nel 2001 la Cina era entrata a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, e oggi, passati 15 anni, bisogna decidere se concedere o meno lo status di economia di mercato al gigante asiatico. Ieri si è votato per il mantenimento dei dazi, dei meccanismi anti-dumping e per nessuna concessione dello status di economia di mercato, e l’Europa ha dato un chiaro segnale con la vittoria schiacciante del sì con 546 voti, 28 no e 77 astenuti. La decisione presa ieri non è assolutamente vincolate, sarà solo a dicembre infatti che si avrà la votazione definitiva su questa questione.
 
La Cina, secondo l’UE, non può ambire a questa dicitura in quanto non soddisfa i cinque criteri stabiliti per le economie di mercato. I cinque requisiti sono:

1) Non avere significative interferenze statali nelle decisioni delle imprese in materia di prezzi costi e fattori produttivi;
2) Sottoporre le imprese a revisione contabile indipendente, seguendo criteri di contabilità internazionali;
3) Far sì che i costi di produzione e la situazione finanziaria delle imprese non siano soggette a distorsioni di rilievo, comprese le svalutazioni degli attivi e i pagamenti con compensazione dei debiti,
4) Garantire certezza del diritto in materia fallimentare e di proprietà delle imprese
5) Liberalizzazione dei tassi di cambio
 
Quello che preoccupa è specialmente il primo punto: l’ingerenza dello Stato cinese nell’economia è tale che prezzi, costi e produzione non rispecchiano la situazione del mercato e le leggi della domanda e dell’offerta, ma sono decisi “dall’alto”.
 
La decisione però non va a interferire con i rapporti di partenariato nei confronti della Cina, che anzi nel 2015 ha aumentato i propri investimenti nell’UE, con un volume maggiore rispetto agli investimenti europei in Cina.
 
La risoluzione dunque mantiene i dazi che erano già presenti su 52 prodotti cinesi, l’unica arma rimasta in mano alle UE per tutelare la propria economia dai beni a costi stracciati. Nonostante queste tasse vadano a colpire solo l’1,3% del totale, costituiscono già uno scudo non da poco per l’Italia dato che il 40% delle aziende tutelate sono le nostre. I settori che sarebbero più colpiti sarebbero l’industria chimica, quella siderurgica, biciclette e pannelli solari.
 
Anche la Cina applica dazi ai prodotti esteri, ma i casi registrati sono su una decina di prodotti: 6 americani e solo 4 europei.

A.T. per Kreos srl