Il recupero crediti «bussa» prima ai condomini morosi

Per chi deve recuperare un credito nei confronti di un condominio si pongono da sempre diversi problemi, che la giurisprudenza, prima, e la recente legge di riforma 220/2012, poi, hanno tentato di risolvere non sempre con grande successo. Il primo intervento legislativo che ha tentato di mettere ordine nella materia risale proprio alla recentissima legge di riforma del diritto condominiale, con la nuova versione dell’articolo 63 delle disposizioni attuative del Codice civile.

Nel lunghissimo periodo di vuoto legislativo, ci si è pertanto affidati agli insegnamenti della Cassazione, che ha dapprima introdotto di fatto il sistema della solidarietà del debito, in base al quale qualunque condomino poteva essere aggredito dai creditori per l’intero debito condominiale, salvo poi (con la sentenza 9148/2008) ripiegare sul criterio della parziarietà: con la conseguenza che i condomini potevano essere chiamati a rispondere del debito condominiale solo pro quota. Con il nuovo articolo 63 delle disposizioni attuative del Codice civile c’è, la prima volta, una parvenza di disciplina per il “recupero crediti” nei confronti dei condomini. In sostanza, l’articolo 63 ha stabilito il divieto, per il terzo creditore, di agire contro i condomini in regola con i pagamenti (delle spese condominiali) se non dopo aver inutilmente escusso quelli morosi, il cui elenco dovrà essergli fornito dallo stesso amministratore. Neppure una parola, tuttavia, è stata spesa per stabilire se potrà essere richiesto, al singolo condomino, l’intero credito reclamato dal terzo o solo la propria quota proporzionale.

Il decreto Destinazione Italia e la legge di stabilità hanno corretto alcune norme della legge 220/2012 che si erano subito rilevate di difficile applicazione, ma non hanno modificato l’articolo 63 delle disposizioni attuative. Al momento, quindi, l’unica cosa certa è che il terzo creditore debba munirsi di un titolo esecutivo nei confronti del condominio, notificarlo (così come già avveniva prima della legga di riforma) all’amministratore dello stabile, per poi richiedere a quest’ultimo l’elenco dei condomini inadempienti verso il pagamento delle spese condominiali. Fatto questo, cominciano le criticità: cosa fare se l’amministratore non fornisce l’elenco richiesto, come agire (per l’intero credito o solo pro quota) nei confronti dei singoli condomini? Su questi punti l’articolo 63 non dice nulla. Al momento, pertanto, appaiono possibili (da parte del legale del creditore) due strade: o rivolgersi al Tribunale perché ordini all’amministratore di fornire l’elenco, o procurarsi in qualche modo l’elenco dei condomini e notificare a ognuno di essi un atto di precetto.

Qualora, viceversa, l’amministratore risponda e fornisca al creditore il nome dei condomini morosi, al terzo non resterà che individuarne uno al quale notificare l’atto di precetto, intimandogli il pagamento dell’intero credito dovuto dal condominio. Pur nel silenzio legislativo, si deve ritenere che la legge 220/2012 abbia reintrodotto il criterio della solidarietà del debito. Al singolo condomino non andrà viceversa notificato (sebbene vi siano alcune sentenze che affermano il contrario) il titolo esecutivo già notificato all’amministratore: questo in quanto il condominio è soggetto privo di personalità giuridica. Alla notifica dell’atto di precetto, che è un ultimo avviso al debitore che si intende procedere in via esecutiva nei suoi confronti, dovrà poi seguire la richiesta di pignoramento sul bene (normalmente l’alloggio, ma si possono anche escutere beni mobili o crediti del pignorato verso terzi) del condomino prescelto. Solo una volta (inutilmente) effettuate le esecuzioni nei confronti dei condomini morosi, infine, il creditore potrà poi agire (sempre per l’intero credito) aggredendo i beni dei condomini in regola con i pagamenti.

Fonte:  www.ilsole24ore.com